Dai fondamentali individuali all’organizzazione di squadra. Oggi con #lalavagnadelcoach cominciamo l’analisi delle collaborazioni difensive di squadra, cioè l’organizzazione del sistema di difesa che prevede aiuti, recuperi, cambi e rotazioni tra i giocatori in campo.
Per perseguire l’obiettivo primario che, in difesa, è quello di non subire l’iniziativa offensiva degli avversari, si possono adottare diverse organizzazioni difensive, ognuna delle quali presenta vantaggi e svantaggi.
La difesa a uomo è storicamente la più usata anche perché è abbastanza naturale l’idea di accoppiare ad ogni attaccante un difensore. Nel difendere a uomo ci si può prefiggere però obiettivi diversi: per esempio ricercare un buon “aiuto difensivo” organizzato, ostacolare la circolazione della palla degli avversari, intercettare i passaggi tra gli avversari. Si parla, nell’ordine, di difesa a uomo “normale”, “aggressiva” e pressing; a differenziarle, in pratica, la crescente aggressività dei difensori. In sostanza se nella difesa a uomo “normale” si esercita pressione sul portatore di palla e via via sugli avversari lontani dalla palla – adeguando, in rapporto alla palla, la posizione sul campo e la distanza della marcatura –, negli altri due tipi di difesa a uomo si effettua un marcamento ravvicinato dei giocatori senza palla che, nel caso di difesa pressing, vede coinvolti tutti e cinque i difensori nel tentativo di anticipare i diretti avversari.
Come tutte le altre difese, anche la difesa individuale può essere schierata a tutto campo, a 3/4 di campo a metà campo ed eventualmente su 1/4 di campo.
Più varie, invece, sono le difese a zona il cui impiego offre molteplici vantaggi: maggior copertura di tutte le zone del campo, maggior facilità nella conquista dei rimbalzi, diminuzione del numero di falli commessi, maggior duttilità nell’utilizzo dei giocatori favorita dal ridimensionamento dei limiti fisici e tecnici della squadra… Ovviamente l’impiego della difesa a zona comporta anche qualche svantaggio: rallentamento del ritmo di gioco, difficile accoppiamento dei migliori difensori con i migliori…
La 2-3, detta anche “zona pari”, si prefigge la difesa dell’area pitturata con la presenza del centro e, solitamente, riesce a limitare con le ali i tiri dagli angoli mentre lascia un po’ sguarnito il perimetro difeso soltanto da due giocatori, le guardie. È bene utilizzarla quando si dispone di un centro e due ali ben dotati fisicamente per ostacolare avversari molto pericolosi nell’area ma poco efficaci nel tiro da fuori.
Al contrario, la 3-2 (detta anche “zona dispari”) ha come obiettivo la protezione dal gioco esterno attuato dagli avversari schierando sul perimetro ala piccola e guardie mentre lascia indebolita la presenza in area e negli angoli. Potendo contare su esterni veloci e atletici conviene utilizzare la zona dispari quando è ribaltata la pericolosità offensiva rispetto alla situazione precedente, cioè nei casi in cui gli avversari segnano molto da lontano e, invece, sono poco pericolosi sotto il tabellone.
Proseguiremo l’analisi degli altri tipi di difesa nel prossimo appuntamento con #lalavagnadelcoach.
La difesa a uomo è storicamente la più usata anche perché è abbastanza naturale l’idea di accoppiare ad ogni attaccante un difensore. Nel difendere a uomo ci si può prefiggere però obiettivi diversi: per esempio ricercare un buon “aiuto difensivo” organizzato, ostacolare la circolazione della palla degli avversari, intercettare i passaggi tra gli avversari. Si parla, nell’ordine, di difesa a uomo “normale”, “aggressiva” e pressing; a differenziarle, in pratica, la crescente aggressività dei difensori. In sostanza se nella difesa a uomo “normale” si esercita pressione sul portatore di palla e via via sugli avversari lontani dalla palla – adeguando, in rapporto alla palla, la posizione sul campo e la distanza della marcatura –, negli altri due tipi di difesa a uomo si effettua un marcamento ravvicinato dei giocatori senza palla che, nel caso di difesa pressing, vede coinvolti tutti e cinque i difensori nel tentativo di anticipare i diretti avversari.
Come tutte le altre difese, anche la difesa individuale può essere schierata a tutto campo, a 3/4 di campo a metà campo ed eventualmente su 1/4 di campo.
Più varie, invece, sono le difese a zona il cui impiego offre molteplici vantaggi: maggior copertura di tutte le zone del campo, maggior facilità nella conquista dei rimbalzi, diminuzione del numero di falli commessi, maggior duttilità nell’utilizzo dei giocatori favorita dal ridimensionamento dei limiti fisici e tecnici della squadra… Ovviamente l’impiego della difesa a zona comporta anche qualche svantaggio: rallentamento del ritmo di gioco, difficile accoppiamento dei migliori difensori con i migliori…
La 2-3, detta anche “zona pari”, si prefigge la difesa dell’area pitturata con la presenza del centro e, solitamente, riesce a limitare con le ali i tiri dagli angoli mentre lascia un po’ sguarnito il perimetro difeso soltanto da due giocatori, le guardie. È bene utilizzarla quando si dispone di un centro e due ali ben dotati fisicamente per ostacolare avversari molto pericolosi nell’area ma poco efficaci nel tiro da fuori.
Al contrario, la 3-2 (detta anche “zona dispari”) ha come obiettivo la protezione dal gioco esterno attuato dagli avversari schierando sul perimetro ala piccola e guardie mentre lascia indebolita la presenza in area e negli angoli. Potendo contare su esterni veloci e atletici conviene utilizzare la zona dispari quando è ribaltata la pericolosità offensiva rispetto alla situazione precedente, cioè nei casi in cui gli avversari segnano molto da lontano e, invece, sono poco pericolosi sotto il tabellone.
Proseguiremo l’analisi degli altri tipi di difesa nel prossimo appuntamento con #lalavagnadelcoach.
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